Prigioni spagnole di Sa Bovida
La struttura che oggi ospita l’esposizione permanente su Magia e Stregoneria in Sardegna è un antico edificio risalente al XVI secolo, situato nel centro storico di un borgo montano e incastonato tra dimore tradizionali.
Si tratta di un manufatto in pietra e legno, dotato di una caratteristica volta a sesto acuto che collegava un tempo la parte bassa con quella alta del paese. Questo spazio, che in passato ha avuto funzione carceraria fino alla metà del Novecento, conserva ancora oggi l’atmosfera austera e suggestiva di quei secoli.
All'interno di questa cornice architettonica è allestita una mostra unica nel suo genere, che ha trasformato l’edificio in un vero e proprio museo tematico, caso eccezionale nel panorama etnografico della Sardegna. L’esposizione permanente si concentra sul complesso fenomeno della stregoneria e della magia tra il XV e il XVII secolo, documentando pratiche rituali e repressione inquisitoriale con rigore storico e impatto visivo.
Il percorso museale è basato su reperti originali, esposti in ambienti fedelmente ricostruiti e coerenti con l’epoca trattata. Un'attenzione particolare è rivolta ai processi per stregoneria condotti nell’isola, alcuni dei quali storicamente accertati e documentati presso l’Archivio de la Corona d'Aragon di Barcellona. Si tratta di testimonianze concrete di un passato oscuro in cui credenze popolari, superstizione e potere ecclesiastico si intrecciavano drammaticamente.
I materiali esposti comprendono oggetti utilizzati nei rituali magici: strumenti a scopo divinatorio, curativo o malefico, insieme a manufatti con funzione apotropaica, ossia destinati ad allontanare il male. A questi si affiancano i dispositivi della repressione inquisitoriale: strumenti di tortura come il cavalletto, la frusta, il potro e la garrucha, ma anche strumenti di immobilizzazione come le catene con collare, il ceppo e la gogna.
Particolarmente significativi sono gli elementi legati alla coercizione psicologica, come il sanbenito, la veste penitenziale che veniva imposta agli eretici o alle presunte streghe, marchiandoli pubblicamente e sottoponendoli al disprezzo della comunità. Questi oggetti raccontano non solo la brutalità fisica della repressione, ma anche la strategia simbolica e morale volta ad annientare l’identità dell’individuo.
Di forte impatto emotivo sono anche gli ambienti carcerari ricostruiti o conservati: la cosiddetta “camera del tormento”, le celle femminili, strette e spoglie, e la cupa cella sotterranea riservata agli uomini, accessibile solo attraverso una botola posta nel corpo di guardia. In quest’ultima, ancora visibile, è la catena usata per immobilizzare i detenuti.
Questo museo rappresenta oggi un raro esempio di narrazione storica che unisce ricerca documentaria, archeologia del quotidiano e memoria collettiva. Un luogo che invita a riflettere sul passato e su come la paura del diverso, del misterioso e dell’incontrollabile sia stata spesso tradotta in violenza e sopraffazione.